Il Campania Libri Festival è giunto alla sua quarta edizione e ho avuto il piacere e privilegio di essere a Napoli per seguire alcuni degli interventi e passeggiare tra i vari stand delle case editrici. Partecipare a un festival letterario per me è un po’ come viaggiare: c’è la scoperta di culture e persone diverse, l’emozione di orientarsi in un luogo nuovo e, alla fine di ogni giornata, quella piacevole combinazione di stanchezza e soddisfazione che mi lasciano le nuove esperienze.
Quarta edizione e quattro giornate, non a caso il logo quest’anno era un grande numero 4 composto da libri. Giovedì il Palazzo Reale di Napoli era gremito di studenti e si respirava un’atmosfera vivace, quasi da gita scolastica. All’inizio mi ha un po’ spiazzata ma ben presto ho imparato ad apprezzarne l’energia contagiosa.

Il festival è gratuito (fatta eccezione per qualche evento speciale) e si svolge negli eleganti saloni del Palazzo: scalinate di marmo, statue e affreschi, fanno da cornice a incontri e presentazioni creando un contrasto tra la storia dei luoghi e la contemporaneità della scena letteraria moderna.
Scegliere le tappe non è mai facile e si ha sempre la sensazione di tralasciare qualcosa di importante. A questo festival ci siamo focalizzate su Napoli e sul Medio Oriente e sono davvero soddisfatta di questa scelta.
Il viaggio è cominciato con la musica di Enzo Avitabile e non poteva essere un inizio migliore. Tra un gruppo di giovani studenti entusiasti, mi sono lasciata trasportare dalla sua voce inconfondibile e dai suoni dal mondo, tipici della sua musica multietnica. È stata una ventata di umanità e come è solito fare il grande maestro ha dedicato un pensiero per la Palestina.

In un’insolita mattina di pioggia napoletana, abbiamo incontrato Atef Abu Said, scrittore palestinese originario della Striscia di Gaza e residente a Ramallah, che ci ha raccontato la condizione sospesa in cui vive ogni palestinese. Nelle sue parole si riflette l’esperienza di un intero popolo costretto a vivere nella precarietà: ogni giovane teme teme l’arresto o la morte da parte dell’esercito israeliano, ogni madre vive con l’angoscia di perdere un figlio. Said descrive questa situazione con semplicità e lucidità. Una realtà che vive lui stesso dalla nascita e del quale narra nel suo romanzo Vita appesa, scritto nel 2013 e appena pubblicato in traduzione italiana.

Con la presentazione di Pegah Moshir Pour, scrittrice e attivista dei diritti umani, nata in Iran e cresciuta in Italia, ci spostiamo a Teheran, una città dal fascino millenario. Come in ogni viaggio però non mancano i momenti di delusione. In questo caso non è dovuta all’autrice che cerca con passione di trasmettere la complessità della sua città d’origine, ma ai due moderatori che la interrompono di continuo. Alla fine mi ritrovo con un senso di frustrazione, pronta ad andarmene in cerca di altre storie e altre voci.

Una tappa non pianificata, ma quanto mai gradita, è stata l’incontro con Antonella Ossorio. La scrittrice napoletana nel suo ultimo libro, La fame del suo cuore, si sposta da Napoli e sceglie come spunto la storia vera di un’assassina seriale attiva nella Russia zarista. Alexe Popova uccide più di 300 uomini per liberare le donne loro vittime, prima di essere catturata e giustiziata, in un gelido mattino del 1909. L’autrice spiega come la scelta di ambientare il suo romanzo in un luogo così distante sia nata dal desiderio di mettersi alla prova e esplorare nuovi orizzonti narrativi. Una piacevole scoperta e un’interessate discussione.
A Napoli, invece, ci accompagna Antonella Cilento che in un vivace e coinvolgente dialogo con Leopoldo Siano ci parla della città più narrata e chiacchierata del mondo. Un distacco della retina costringe l’autrice ad entrare nel buio, ma riesce a trasformare questa esperienza in un opportunità per guardare Napoli in maniera diversa. È proprio da questa condizione di vulnerabilità che nasce il suo ultimo libro Il sole non bagna Napoli. Un libro che sono molto curiosa di leggere.

Concludo con la parte che ho amato di più in questo ricco viaggio tra i libri: la presentazione di Il ragazzo con la kefiah arancione di Alae Al Said. L’autrice è nata in Italia da genitori palestinesi, ci ha raccontato la connessione che da sempre la lega alla sua terra d’origine. Dai genitori ha ereditato un forte senso di appartenenza alla Palestina, un sentimento espresso in ogni sua parola. Queste emozioni sono riportate nel suo libro e, ascoltandola, sono andate dritte al mio cuore. Una presentazione intensa e toccante, durante la quale si sentiva la forza delle sue parole nella sala e sono sicura di non essere stata l’unica ad aver avuto gli occhi pieni di lacrime di fronte alla generosità con la quale si è raccontata.
Il Campania Libri Festival si è rivelata una piacevole sorpresa e sono sicura che possa coinvolgere e appassionare chiunque ami il mondo dei libri. Un evento che offre l’opportunità di scoprire nuove letture e ascoltare una varietà di autori in un’atmosfera vivace e stimolante, sullo sfondo di una Napoli che non delude mai.
Barbara Amalberti
Foto principale: Yahya-Momtaz- su licenza Unsplash Foto di Claudia Landini 
 
             
        